Lo Schema di decreto legislativo recante il Codice dei contratti pubblici, approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 dicembre 2022 (ora all’esame delle Commissioni parlamentari) e che dovrà essere approvato entro il 31 marzo 2023, prevede importanti novità in tema dei requisiti per la partecipazione alle gare d’appalto. Il testo è composto da 229 articoli e 28 allegati di natura regolamentare, che renderanno la disciplina di autonoma e di immediata applicazione.
La principale novità è costituita dal fatto che tra “le cause di esclusione non automatica” (art. 95 dello schema di decreto) viene ora previsto come “illecito professionale grave” idoneo ad escludere dalla partecipazione alle gare anche la mera “contestazione” di reati previsti dal D.Lgs. n. 231/2001.
Secondo l’art. 98, comma 4 lett. h, n. 5, tra gli illeciti professionali gravi che potrebbero determinare l’esclusione da una gara di appalto è infatti stata inserita la: “contestata o accertata commissione, da parte dell’operatore economico oppure dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 94 di taluno dei seguenti reati consumati: […] 5) i reati previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.
Viene previsto, altresì, un allargamento dei soggetti nei cui confronti la contestazione potrebbe precludere la partecipazione alla gara.
Secondo l’art. 94, comma 3 (richiamato dall’art. 98, comma 4 lett. h, n. 5), la contestata o accertata commissione dei reati di cui al D.Lgs. n. 231/2001 può riguardare:
a) l’operatore economico ai sensi e nei termini di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
b) il titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale;
c) un socio amministratore o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo;
d) i soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice;
e) i membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi gli institori e i procuratori generali;
f) i componenti degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo;
g) il direttore tecnico o del socio unico;
h) l’amministratore di fatto nelle ipotesi di cui alle lettere precedenti.
Nel testo dello schema di decreto viene poi precisato che, al fine di dimostrare le contestazioni degli illeciti ex D.Lgs. n. 231/2001, vengono considerati “adeguati mezzi prova” , “oltre alla sentenza di condanna definitiva, al decreto penale di condanna irrevocabile, alla sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, la condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale” anche “gli atti di cui all’articolo 405, comma 1 del codice di procedura penale, il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 429 del codice di procedura penale o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali” (art. 98, comma 7 lett. h).
Saranno, quindi, sufficienti anche provvedimenti emessi dal Pubblico Ministero senza alcun preliminare vaglio da parte del Giudice, i quali spesso necessitano lunghe tempistiche prima di un provvedimento definitivo, quali gli atti di cui all’art. 405 c.p.p., cioè gli atti con cui il Pubblico Ministero esercita l’azione penale, il decreto di citazione diretta a giudizio, la richiesta di emissione di un decreto penale di condanna o la semplice richiesta di rinvio a giudizio.
Come sopra anticipato, l’esclusione non è prevista come automatica, ma è sottoposta al giudizio della società appaltante che valuterà i provvedimenti motivando “sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente” (art. 98, comma 8).
L’Unione delle Camera Penali Italiane e l’Associazione dei componenti degli Organismi di Vigilanza ex D.Lgs. n. 231/2001, con comunicato in data 4.2.23, hanno opportunamente espresso profonde perplessità sulle novità previste dalla riforma sopra illustrata, ponendo in luce anche profili di illegittimità costituzionale di una simile impostazione.
Dallo schema di riforma deriverebbe infatti, sul fronte degli illeciti ex D.Lgs. n. 231/2001, che tra gli adeguati mezzi di prova idonei ad escludere l’operatore dalle gare, potrebbero essere sufficienti le contestazioni da parte del Pubblico Ministero alla società dell’illecito amministrativo dipendente dal reato presupposto (art. 59, comma 1, D.Lgs. n. 231/2001), la pronuncia del decreto che dispone il giudizio a seguito dell’udienza preliminare (art. 61, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001), l’ordinanza applicativa della misura cautelare richiesta dal PM (art. 45, comma 1 e 2, D.Lgs. n. 231/2001) e l’adozione dei medesimi provvedimenti nei confronti delle persone fisiche indicate nell’art. 94, comma 3, per le fattispecie di reato previste dal D.Lgs. 231/2001.
In primo luogo, viene evidenziato come il far dipendere la decisione dell’esclusione dalla gara da un provvedimento privo del vaglio definitivo da parte dell’autorità giudiziaria si ponga in conflitto con il principio di presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27, comma 2, Cost., applicabile anche alla persona giuridica.
Si è altresì rilevato che, pur non prevedendosi una causa di esclusione automatica, questo impianto normativo potrebbe presentare profili di illegittimità ove solo si consideri la sempre maggior applicabilità in ambito giudiziario della responsabilità degli enti, nonché la perenne tendenza all’allargamento del numero dei reati presupposto e, di contro, l’impossibilità per gli enti di aderire agli istituti riparatori e deflattivi, previsti per le persone fisiche.
Non da ultimo si deve sottolineare come la previsione delle modifiche organizzative, previste dall’art. 98, comma 5 e dall’art. 96 comma 6, ai fini dell’attenuazione della gravità dell’illecito professionale, potrebbe non consentire all’ente, che si sentisse ingiustamente incolpato, di difendere nel processo la bontà del proprio sistema organizzativo.
Queste considerazioni si sommano alla maggior censura, sopra meglio delineata, che vede l’operatore economico nella sostanziale impossibilità di contrarre con la Pubblica Amministrazione per il solo fatto di essere indagato o tratto a processo ed in perfetta assenza, quindi, di una pronuncia giudiziaria di accertamento di responsabilità passata in giudicato.
Si auspica, pertanto, che il testo definitivo del decreto ponga rimedio alle gravi criticità sopra evidenziate.